di Susanna Janina Baumgartner
Inter sta per tra o nella vita, e vorrei partire proprio dal senso del titolo che “delimita” la performance di Ariella Vidach e nello stesso tempo promette di sconfinare in quell’altrove che è per noi la spiritualità. (INTERvita è stata presentata a Milano alla Fabbrica del Vapore nel corso delle Giornate della Danza.)
Quello spazio altro, quasi impercettibile, che accompagna i nostri gesti, i nostri movimenti e i nostri incontri; quello spazio che è appunto fra noi, fra la nostra esistenza e il mondo e che è anche, nell’incontro con l’altro, nella nostra esistenza.
Bisogna saper interpretare il volto delle cose in movimento (sto pensando a I fondamenti della fisiognomica di Rudolf Kassner), comprendere che l’espressione risiede nei passaggi, negli interstizi, nel differenziale. Vedere le cose in movimento significa vedere fra, vedere dentro.
Ariella Vidach ha creato una coreografia che cerca la profondità, restando alla superficie dei corpi; tra e nella pelle dei corpi, come confine-limite e nello stesso tempo come punto di contatto.
Da subito, si percepiscono piani diversi di profondità dello spazio che viaggiano paralleli e a volte sembra possano intersecarsi contravvenendo a ogni legge o regola stabilita. L’unica “regola” che trapela è la forte sinergia dei ballerini che si ascoltano e ascoltano, e portano così lo stesso spettatore ad ascoltare e non solo a guardare il movimento e il gesto che accade tra loro.
Niente avviene senza l’incontro-scontro dei danzatori. Dotati di accelerometri, creano un loro spazio e un loro suono che “interferisce” con il tono solenne della Messa in fa Maggiore di Johann Sebastian Bach e che, in realtà, la valorizza nel suo essere quel momento-attimo che crea l’intervallo necessario alla possibilità dell’incontro, quel fra di INTERvita. Quell’intervallo è l’ignoto, nella sua infinita distanza, che mi separa dall’altro, da me stesso e che, nello stesso tempo, mi permette di cogliere il mio rapporto con l’altro e l’Altro.
La spiritualità come possibile risposta alla perdita progressiva del valore dell’esistenza che nella performance viene identificata con il rigore e la poesia del gesto danzato.
Trovo questo nuovo progetto di Ariella Vidach e Claudio Prati ricco di possibilità ancora in divenire; ricco di spazi da aprire e chiudere e ri-aprire ancora una volta.
Un lavoro che non si concede al compiacimento di un gesto o di un’immagine (il “narcisismo tecnologico” resta in agguato e mette in “pericolo” il sottile equilibrio del gesto e del movimento dei danzatori), ma che si abbandona all’ascolto del suono e della possibile parola, all’ascolto dello spazio e dell’invisibile relazione dei corpi con gli elementi visibili e invisibili del mondo creato in quegli stessi attimi di INTERvita.
Un lavoro che non perde di vista i bisogni reali dell’uomo e che non “usa” la perfezione della musica di Bach come via di fuga dal mondo quotidiano, svilendone la sua profonda e vera sacralità; un lavoro che sa mescolare, senza paura di perdersi, sacro e profano, regola e eccezione, buio e luce.
INTERvita
17 maggio, ore 22,00
La notte dei musei – Gallarate (VA)
(Di fronte alla nuova sede della Galleria d’Arte Moderna di Gallarate)
Progetto di Ariela Vidach e Claudio Prati ● Coreografia Ariella Vidach ● Danzatori Stefano Cristofanello, Rebecca Pesce, Stefania Trivellin, Ariella Vidach ● Musiche Johann Sebastian Bach ● Programmazione audio Paolo Solcia ● Programmazione video e grafica interattiva Federico Lupica ● Motion Tracking STMicroelectronics – Laura Vanzago, Andrea Labombarda ● Scenografia Claudio Prati ● Disegno luci Gabriele Rescigno ● Costumi AIEP ● Organizzazione e comunicazione Sara Prandoni
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