Franco Brioschi. Libertà di scrittura (1996)

LUnità 14 ottobre 1996
di Giuseppe Gallo

Negli ultimi decenni si è tornati ad avvertire l’esigenza di studiare i testi e gli eventi letterari secondo una prospettiva storica. Il fatto è dei più significativi, e contrasta con una tendenza sempre presente nel nostro secolo, volta ad affrontare i problemi in maniera atomistica, valutando i prodotti della letteratura come insiemi definiti in modo concluso da sottoporre a esame in sé, per i loro tratti specifici.
Il dibattito suscitato dal nuovo interesse per la storia letteraria ha finito peraltro per favorire una moltiplicazione dei punti vista e delle proposte. Con il risultato, positivissimo, che ci troviamo di fronte non a un panorama uniforme, ripetitivo, bensì a una varietà suggestiva di scelte e di approcci critici.
Tra le ricostruzioni storiche più pregevoli vi è sicuramente il Manuale di letteratura italiana per generi e problemi curato da Franco Brioschi e Costanzo Di Girolamo, di cui è appena apparso in libreria il quarto volume, dedicato agli anni che vanno dall’Unità d’Italia alla fine del Novecento (Bollati Borighieri, pp. 1141, lire 80.000).
Per i prossimi mesi è prevista la pubblicazione di un volume di Apparati che conterrà, tra le altre cose, un dizionario di voci critico-biobibliografiche che risponde alla necessità di offrire quelle informazioni che l’impostazione per saggi adottata ha finito con il dare a volte in maniera sintetica. Sugli elementi che caratterizzano il Manuale e gli intenti che hanno mosso i curatori abbiamo intervistato Franco Brioschi.
Professor Brioschi, il Manuale presenta una ricca varietà di interventi di carattere saggistico. Ma qual è il motivo che li raccorda?
Il fattore unificante può essere indicato nella scelta di impostare il lavoro intorno a un concetto non specialistico di letteratura. Una delle caratteristiche della cultura moderna è avere promosso una forte proliferazione di scritture dallo statuto ambiguo, fra estetico ed extraestetico. Il mio parere è che la letteratura moderna nasca proprio interrogandosi sulla frontiera che separa il letterario dal non letterario. Da una parte, sforzandosi di identificare le proprietà necessarie e specifiche della letteratura (è la linea che va dal romanticismo al simbolismo alla poesia pura a certi momenti dell’avanguardia); dall’altra, facendosi partecipe della conversazione intersoggettiva per assumerne e rielaborarne la molteplicità di usi e di valori. L’elemento ispiratore del volume va visto nel tentativo di seguire questa doppia linea.
Il grosso del volume è dedicato a problemi di cui di regola nelle storie letterarie ci si occupa poco. Per esempio, la letteratura di intrattenimento. Perché?
Lo spazio dato alla letteratura popolare e di intrattenimento risponde a un’esigenza scientifica ormai imprescindibile. Non si può non avvicinare in maniera adeguata questa massa di scritti se non con gli stessi metodi e lo stesso rigore di analisi critica con cui si studiano le opere della letteratura «seria» o «ufficiale». E ciò non significa proporre un improbabile ribaltamento delle gerarchie di valori. Significa semplicemente rimarcare la necessità di affrontare in maniera seria una componente cruciale del sistema letterario moderno; una necessità indifferibile, tanto più in un’epoca come quella attuale in cui il confine tra «alto» e «basso» si è andato indebolendo.
Quali vantaggi offre uno studio storico della letteratura secondo il punto di vista dei generi?
Esistono teorie anche influenti che sostengono che la letteratura si sia dissolta in una «testualità» ampia che include i più disparati regimi discorsivi. L’impostazione per generi permette di rimettere un po’ di ordine, in quanto mostra come sia possibile anche in questo orizzonte ricostruire famiglie di tesi, eredità dirette o indirette, relazioni di opposizione o di continuità. D’altronde, non c’è nessuna intenzione prevaricatoria. Benedetto Croce aveva ragione a sostenere che non si possono dare definizioni a priori dei generi. Un genere non è costituito da null’altro se non da una serie di relazioni formali o tematiche che ogni testo intrattiene con altri testi, e queste relazioni ci sono, sono osservabili. Laddove esse risultano storicamente salienti allora noi siamo autorizzati a parlare di genere. Ma a stabilirsi non sono solo rapporti di emulazione, di obbedienza alla tradizione, sono pure rapporti di contrasto, di rivolgimento e rovesciamento.
Nell’età moderna, i generi letterari sono sottoposti però a un processo di corrosione interna...
Per la verità, se la si irrigidisse, la gabbia dei generi renderebbe scarsa giustizia anche alla tradizione classica. Un capolavoro come La vita nuova di Dante è riferibile contemporaneamente a più generi; in questo caso è giusto confrontarlo con le diverse tradizioni a cui si richiama (la lirica, l’autobiografia, la prosa critica persino). Per converso, le Operette morali di Leopardi appaiono, nel primo Ottocento in Italia, un unicum. Ma, se non ci fosse sullo sfondo un sistema da cui esse si distaccano, noi non potremmo coglierne la singolarità, di forma e di contenuto. Problemi di questo tipo aumentano quantitativamente per il Novecento. Però questo secolo non si sottrae affatto a una trattazione per generi. Faccio solo un esempio. Il capolavoro postumo di Giacomo Debenedetti si intitola Il romanzo del Novecento, e non – poniamo – Di alcune opere varie recenti. Ed è un titolo rivelatore, difficilmente attribuibile al capriccio dei curatori. La polverizzazione che a uno sguardo immediato può sembrare il dato più saliente del Novecento non è in realtà così pervasiva.
Ma in che misura i generi conservano una loro riconoscibilità?
Anzitutto ci sono dei nuclei di resistenza forti. Pensiamo al romanzo di impianto tradizionale: non rimane affatto identico a se stesso nel corso del tempo. Dall’opera di uno scrittore come Thomas Mann, in cui pure non viene negata l’efficacia di un principio di rappresentazione oggettiva, emergono delle novità strutturali palesi. Se una discriminante è possibile deve essere fatta tra una letteratura che privilegia l’espressione individuale, la trasgressione, la ricerca sul linguaggio e quindi si rivolge a un insieme di lettori tecnicamente attrezzati, e una letteratura che, pur sorretta da motivazioni esteticamente forti, intrattiene un rapporto di comunicazione con un pubblico allargato. In questo caso le strutture di genere presentano una maggiore continuità. Nondimeno, le variazioni ci sono, e spesso sono considerevoli. Qualche cosa di analogo avviene al livello più «basso» della letteratura popolare o d’intrattenimento. La fedeltà alle strutture di genere è qui anche più forte e conservativa. Ma gli sviluppi non sono affatto mancati: ci sono differenze rimarchevoli tra Agatha Christie e l’hard boiled story. È sbagliata l’idea secondo cui questo sottoinsieme dell’universo letterario sia il luogo della ripetizione.
Ma non si rischia in questo modo di creare una storia fatta per medaglioni, benché non più di autori, bensì di famiglie di testi?
Quella di genere è in realtà una nozione a doppia faccia. Da una parte, richiama l’attenzione sulle strutture del testo e sulle relazioni che intercorrono fra i testi nel corso del tempo. Dall’altra, però, rinvia a un’istituzione, quella che Stanley E. Fish chiama la «comunità letteraria», che regola il sistema di aspettative tra autori e lettori. Questo concetto può essere utile per rendere evidente un’implicazione sociale della nozione di genere: in definitiva, la comunità letteraria è una struttura di tipo sociologico. Un modo siffatto di impostare l’indagine critica consente di recuperare un certo tipo di storia, nel senso che introduce all’interno dell’analisi dei testi una prospettiva che va al di là del corpus letterario e riguarda i modi con cui la comunità usa quegli strani oggetti che sono i testi.
Quali sono le idee guida che hanno sorretto anzitutto il lavoro?
Anche se nel volume non abbiamo mai affrontato problemi di teoria della letteratura, sottolineerei sotto questo profilo un’implicazione teorica importante. Nella tradizione critica recente c’è una coincidenza tra le opposizioni pertinente/non pertinente e interno/esterno. Un’impostazione per generi mostra come ci siano fattori esterni che sono però pertinenti. Ad esempio, la storia del libro e dell’editoria è qualcosa di esterno alla testualità pura, ma è pertinente: la fortuna del romanzo nell’epoca moderna è strettamente legata alla nascita di un’industria editoriale che consente di moltiplicare le copie dei testi e quindi di renderli disponibili alla lettura individuale e silenziosa.
Nei diversi interventi ritorna con insistenza una forte attenzione per i fatti di modernità. Che cosa si può intendere con questo termine?
La modernità è un fatto oggettivo: c’è stata una trasformazione consistente del sistema letterario iniziata. intorno alla metà del Settecento; lo storiografo non la può ignorare, deve sforzarsi di capirla, di analizzarla. Credo di potermi rendere interprete del parere di almeno qualcun altro dei collaboratori dicendo però che da parte nostra non c’è stata nessuna intenzione di identificare modernità e valore. Il moderno, il nuovo non necessariamente è bello e buono. Dall’insieme di questo volume emerge piuttosto un atteggiamento che valorizza anche i movimenti in cui la letteratura ha meno accettato quell’idea di modernità intesa come serie di «superamenti» progressivi, un succedersi di «crinali» sempre più alti, come ironicamente diceva Fortini. Basti pensare alla figura di Saba.
Negli ultimi anni si è assistito a un ritorno di interesse per la storia della letteratura. Perché? A quale bisogno risponde la pluralità delle storie proposte?
La ragione più importante che sta alla base del ritorno di interesse per la storia letteraria deve essere ricercata probabilmente nella sensazione, largamente condivisa, di essere alla fine di un ciclo, il ciclo appunto della modernità. Lo conferma il diffondersi di quelle poetiche postmoderne che sono così presenti e che sono ancora tutte da chiarire. A un certo punto ci si è resi conto che il ventaglio di possibilità che si è aperto con il Settecento non si disponeva in una forma di progressione, bensì di combinatoria di possibilità che sono state via via esperite.
E questo Manuale nella fattispecie a quali bisogni intende rispondere?
Questa storia della letteratura si rivolge anzitutto all’università. In effetti, mentre uno studente che si iscrive al primo anno di fisica si trova davanti un manuale di analisi matematica o di fisica, appunto, completamente diverso rispetto a quello che aveva al liceo, lo studente di lettere sinora non poteva che impiegare gli stessi manuali utilizzati nella scuola superiore. Ecco, a noi è sembrato utile sottolineare la necessità di una manualistica universitaria che anche per quanto riguarda lo studio della letteratura proponga un modello diverso, più saggistico e problematico, rispetto a quello liceale.
© Giuseppe Gallo (1996)
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