lunedì 21 maggio 2012

Ballottaggi: voto contro o voto oltre?

Parma, Genova, Palermo. In attesa della formazione di un nuovo sistema politico, il filo conduttore di questi successi potrebbe essere la rivincita dell’uomo normale, estraneo agli apparati



Un ultimo avviso ai partiti: o cambiate radicalmente o via tutti. Potrebbe essere interpretato così il messaggio che l’elettorato ha voluto mandare con i ballottaggi nei grandi centri urbani: Parma, Genova, Palermo. E, in parte, sembra crederlo anche Ferruccio de Bortoli nel commento rilasciato a caldo alla tv del Corrierone. Può darsi. Ma può anche darsi che il messaggio sia più drastico. Può darsi cioè che l’elettorato guardi già oltre il sistema della seconda Repubblica. E può darsi che il tempo per gli attuali partiti sia già scaduto da tempo.
La tentazione è di liquidare i risultati come un “voto contro”. Contro gli attuali partiti, contro la casta. E se così non fosse? Se invece fosse un voto a favore? Non a favore dei partiti, s’intende. Ma un voto a favore degli uomini che, non appartenendo all’apparato, hanno saputo affermare una loro individualità, si sono battuti (per delle idee, un programma), hanno detto quelle verità che gli altri candidati tacciono per convenienza. In attesa della formazione di un nuovo sistema (la terza Repubblica), non resta che far così: puntare sull’uomo, evidenziare chi è affidabile e chi non lo è. Insomma, far pulizia.
Questa era forse la ragione del successo di Pisapia a Milano. Questa mi sembra che potrebbe essere la ragione del successo di Marco Doria a Genova (prima alle primarie e oggi al ballottaggio), e di Federico Pizzarotti del MoVimento 5 Stelle a Parma. Direi che potrebbe essere anche la ragione del successo di Leoluca Orlando che non è certo un homo novus, però ha una sua individualità, è un essere pensante. Non è un numero, non è un burocrate. E non vi sembra normale che l’elettorato preferisca esser amministrato da un essere pensante anziché dagli apparati? È la rivincita dell’uomo normale, l’uomo come noi, l’uomo che lavora e che vuole uno Stato che non soffochi la società civile: con gli sprechi, con le tasse esorbitanti, i privilegi, l’occupazione delle cariche, i doppi e tripli incarichi, le riforme annunciate e sempre procrastinate, le autogiustificazioni, ecc. Chiamiamola l’umanizzazione della politica.
Se così fosse, il voto di oggi (e dell’ultimo anno), darebbe indicazioni concrete alle forze a venire, di destra e di sinistra, che prima o poi si formeranno, sia per quanto riguarda la scelta del personale politico sia per quanto riguarda la priorità dei temi da affrontare.  Ma, se avesse ragione de Bortoli (che nel corso del pomeriggio ha ulteriormente articolato e precisato il suo commento), il panorama – almeno a sinistra – sarebbe molto più sconfortante. In effetti, può anche essere che il Pdl, scottato dai risultati, reagisca. Ma dovrebbe davvero sciogliersi in una nuova formazione, questa volta autenticamente liberale e ripulita dei figuri più impresentabili. E chissà poi se un ex democristiano come Angelino Alfano risulterà credibile nei panni del leader liberale. Lo giudicheranno gli elettori di centrodestra, non è un problema nostro.
Il guaio è il PdÈ soddisfatto dei risultati, quindi non cambia: continuerà a vivacchiare. Le prende alle primarie, le prende ai ballottaggi nei tre posti chiave che hanno una valenza politica, non esprime un sindaco in nessuna delle grandi città, eccezion fatta per Torino. Però è soddisfatto dei piccoli comuni strappati al centrodestra. La dichiarazione di Pierluigi Bersani è surreale:  «Noi, senza se e senza ma, abbiamo vinto le elezioni amministrative dell’anno 2012» ha detto. «Abbiamo avuto risultati incredibili, straordinari.» Straordinari? Giocando una partita contro il centrodestra spaccato, la Lega azzoppata dagli scandali, lastensionismo alle stelle e il soccorso di una miriade di liste civiche? Boh, contenti loro.

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