lunedì 26 maggio 2008

Gisèle Vienne, la Madonna del freddo silenzio

Kindertotenlieder (Canti dei bambini morti), lo spettacolo di e con Gisèle Vienne, non è accompagnato dalla meravigliosa musica di Mahler, ma da suoni di bufera pregni di agghiacciante silenzio, di disperata e sublimante, sublimata solitudine, creati da Stephen O’Malley e Peter Rehberg.

In scena figure incappucciate, irreali (alcune di queste sono effettivamente bambole-manichini), che ricordano gli adolescenti di Paranoid Park di Gus Van Sant e che immediatamente riportano a una dimensione del tempo ferma all’istante della morte che riflette una vita non più vita, e forse mai vita o non ancora vita.

Una donna dai lunghi capelli neri, languidamente in posa, come abbandonata al suo sentire (ricorda una Madonna di Edvard Munch immersa in un paesaggio invernale alla Kaspar David Friedrich), sembra essere colei che invita all’eterno viaggio.

Un viaggio, quasi immobile, nel deserto interiore e nel desiderio di annebbiare la mente in un volo onirico, assecondando il silenzio del corpo che si abbandona al freddo candore della neve o cerca quel contatto impossibile, perché l’altro è solo paura e strazio di vedersi riflesso, o sfoga la propria rabbia che è l’altra faccia della muta disperazione.

Non è il viaggio di iniziazione per prepararsi alla morte di Dead Man; ho pensato anche a Jarmush, ma quasi come reazione alla desolazione che mi invadeva man mano che lo spettacolo si impossessava di me, facendomi sentire la morsa di quel gelo senza la “consolazione”, quasi eroica, di viverlo in prima persona.

Non c’è nessuna preparazione alla morte, c’è abbandono al piacere dell’istinto di morte. Scrive Robert Musil in L’uomo senza qualità: «Attrazione del vuoto che ci trascina sempre più in basso, come nell’imbuto di un vortice le cui pareti si allontanano…»

Al di là di Eros e Thanatos. Al di là del fondo, il senza fondo. Al di là della ripetizione-legame, la ripetizione dissolvente che cancella e che uccide (Gilles Deleuze, Il freddo e il crudele). Eros si fa sentire e agisce, ma Thanatos, il senza fondo portato da Eros, riportato in superficie, è essenzialmente silenzioso, e per questo terribile.

Alla fine dello spettacolo, al Superstudio Più di Milano, silenzio. L’applauso dopo un attimo di quel terribile silenzio che ha coinvolto ogni spettatore.

Kindertotenlieder
di Gisèle Vienne
testi e drammaturgia Dennis Cooper ● con Jonathan Capdevielle, Margrét Sara Gudjònsdottir, Elie Hay, Guillame Marie, Anne Mousselet ● musiche live KTL (Stephen O’Malley & Peter Rehberg) ● luci Patrick Riou ● produzione DACM

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