Domenica 25 ottobre, mi recherò ai seggi per le primarie del PD, e voterò Pierluigi Bersani. Lo farò sebbene, in questi primi due anni di vita del partito, non sia mai stato molto tenero nei suoi confronti. Anzi! Ho severamente criticato la confusione che è alla sua origine, la contraddittoria e spesso incomprensibile politica veltroniana, la colpevole accondiscendenza al forcaiolismo di Di Pietro, l’eccessivo asservimento di Franceschini ai dettami di Largo Fochetti e l’inattività di questi ultimi mesi a cui il PD è stato condannato da un iter congressuale più che perverso che lo ha costretto a star ripiegato sul proprio ombelico impedendogli anche soltanto di prender atto della trasformazione dell’equilibrio delle forze politiche che intanto avveniva sotto i suoi sonnolenti occhi.
Perché allora vado a votare, e perché voto Bersani? Per due ragioni. La prima è che una democrazia liberale ha bisogno di una dialettica fra maggioranza e opposizione, e quando questa non c’è o si indebolisce abbiamo l’obbligo di preoccuparci e di correre ai ripari. Ne va della stabilità della politica e degli stessi fondamenti della democrazia liberale. La seconda ragione è che Bersani mostra di aver compreso i motivi che sono alla base delle difficoltà del suo partito (che in quattordici mesi ha perso quattro milioni di elettori!), e prova ad abbozzare un piano di rilancio.
I suoi meriti mi sono chiari: è un uomo che sa ragionare, non parla per slogan, non ha tentazioni giustizialistiche, non concede nulla a quella retorica del nuovo tanto gradita ai suoi colleghi che a me pare invece un indice di scarsa padronanza della storia recente e remota. E, soprattutto, è un uomo che sa raccogliere quanto di valido ci ha lasciato in eredità la migliore tradizione della sinistra europea, quella liberale e quella socialista.
Ce la farà a restituire vigore e credibilità al PD? Non lo so. Non coltivo molte illusioni. Quello che Bersani si trova a guidare è un partito litigioso, soffocato per giunta da una struttura al contempo indisciplinata e iperburocratizzata: un ircocervo. Tuttavia mi pare che, a differenza di altri, tenga lo sguardo dritto verso l’orizzonte. Pensa a un’Italia postberlusconiana e post-antiberlusconiana: una Terza Repubblica che per il momento possiamo intravedere solo nebulosamente, ma di cui pure abbiamo un’urgenza sempre più pressante. Pena, il declassamento politico ed economico del nostro Paese.
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