Alla conferenza stampa di ieri a Palazzo Chigi sul consuntivo dei primi quattordici mesi di attività del governo, Silvio Berlusconi avrebbe potuto limitarsi a fare il suo one man show, come altre volte ha fatto nel salotto amico di Vespa. E scansare le domande dei giornalisti, rispondendo in modo vago senza perdere il controllo di sé (erano del resto domande prevedibili, che sicuramente il presidente del Consiglio si aspettava). Giuseppe D’Avanzo su “Repubblica” non gli avrebbe risparmiato il suo editoriale, perché molte delle cose pronunciate in conferenza stampa sono platealmente false: non c’è nessuna pace sociale, le contestazioni da parte delle vittime del terrorismo in Abruzzo sono quotidiane, il prestigio dell’Italia nel mondo non è mai stato così basso e nessuno a livello internazionale riconosce al nostro premier il ruolo decisivo che si arroga.
Ma tant’è. La propaganda avrebbe funzionato: il TG1 e gli house organ di famiglia avrebbero riferito i contenuti dello show dedicandogli ampio spazio e facendo ben attenzione a evitare ogni spirito critico. Come sempre. Invece il Cavaliere dimezzato dagli scandali come il visconte calviniano non ha resistito, e ha dato fondo a un’aggressività ancor più ingiustificata dopo le nomine RAI dei giorni scorsi e l’annuncio dei complementari balletti nelle proprietà di famiglia. La conseguenza è che si è messo da solo dietro il banco degli imputati, e la notizia del giorno è: Berlusconi attacca la libertà di stampa. Un formidabile regalo a un centrosinistra quanto mai sonnacchioso e distratto dalle sue stanche beghe interne. Un regalo che ha restituito un po’ di linfa persino a un ectoplasma come Franceschini, non ancora rassegnato a finire sotto naftalina, come meriterebbe per aver negato la sconfitta elettorale di giugno con una faccia tosta pari a quella del suo avversario.
Perché lo ha fatto? Perché un uomo come il Cavaliere sempre attento ai meccanismi della comunicazione è caduto in un errore apparentemente così dilettantesco? Certo, non è la prima volta che gli capita di aggredire, ed è pur vero che qualche volta l’aggressione paga, nel suo caso ha pagato. Ma non è questo il momento per mostrare i muscoli. Se vuole risalire la china (nonostante i finti sondaggi, Berlusconi sa bene che qualcosa si è rotto nel suo rapporto con l’opinione pubblica, sa bene che persino una cospicua fetta del mondo cattolico gli è contro), il Cavaliere deve essere anzitutto rassicurante, mostrare il volto buono, stendere una mano pacificatrice. Proprio quello che non è stato e non ha fatto ieri a Palazzo Chigi.
Dunque perché? Perché tanta aggressività? Effetto di un egocentrismo smisurato che non tollera dissensi, come lascia intendere D’Avanzo? Può darsi. È possibile anche che giochi un ruolo il nervosismo che attanaglia vistosamente il premier dall’affaire Noemi in poi: un premier incapace di togliersi dallo stato di assedio in cui lo ha ficcato la sua esuberanza sessuale, un premier per giunta lasciato solo dai collaboratori più vicini, nessuno dei quali è intervenutio in suo soccorso, fatta eccezione per i soliti yesmen che sapranno senz’altro confortare il suo poderoso narcisismo ma che gli sono poco utili alla bisogna. E, anzi, con le gaffe che scaturiscono sempre dall’eccessiva prodigalità servilistica hanno rischiato di causargli più danni che altro.
Ma, considerata l’astuzia comunicativa del Cavaliere (il quale, com’è arcinoto, non lascia nulla al caso), non si può escludere che quell’aggressione sia almeno in parte ispirata anche da una sorta di calcolo tattico. Per dirla in modo molto spiccio: Berlusconi attacca perché ha interesse a essere attaccato. Se infatti l’antiberlusconismo ha bisogno del Cavaliere per rimanere unito e sopravvivere, il Cavaliere ha un maledetto bisogno dell’antiberlusconismo per rimanere saldamente in sella al suo fronte, la cui unità fin dal 1994 è sempre stata messa a repentaglio da potenti fenomeni sismici.
È un’esigenza divenuta ancor più prioritaria dopo giugno, con una Lega scalpitante che giorno dopo giorno conquista sempre più la scena mediatica con le sue spettacolari baggianate che possono far ridere i lettori ingenui ma impensieriscono gli stranavigati alleati, che sanno intravedere dietro quelle uscite strumentali lo scopo reale: far cassa, incamerare i frutti del recente doppio successo elettorale, strappare quote di potere al partito di maggioranza. Per questo, Berlusconi ha bisogno di un centrosinistra che sia debole ma non così tanto debole. Ha bisogno che i «comunisti» facciano ancora paura («non voglio immaginare che cosa sarebbe successo se ci fossero stati loro al posto mio», ha detto non a caso in conferenza stampa). Ha bisogno insomma di una rinnovata forma di consociativismo che consenta a lui di mettere a tacere gli amici-nemici interni e al PD di fronteggiare le derive movimentiste della sinistra allo sbando. L’uomo, ancorché dimezzato, è diabolicamente astuto (non sarebbe arrivato dov’è, se non lo fosse). Meglio non dimenticarlo.
1 commento:
La Rai è diventato un vero caso, di speculazioni finanziarie e di Borsa ! Ci son tutte le premesse per aprire un caso, anche di spionaggio industriale. Ma la cosa più avvilente è che nessuno sta indagando su quel che c'é veramente sotto , stiamo parlando ovviamente di Mercato Televisivo e di introiti di Miliardi di Euri !
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