L’intervista del Giornale a Massimo Cacciari ha qualcosa di conturbante. Insomma, si può intervistare qualcuno per conoscerne il pensiero, per avere informazioni o per strappargli qualche appetitoso dettaglio sulla sua vita privata (perché no? La curiosità sarà pure un vizio, ma è alla base dello star system, torna utile anche all’intervistato).
La cronista qui usa invece l’intervista come arma di parte, trasformandola in sarcastico interrogatorio: la sua speranza è mettere in difficoltà il filosofo-politico e il partito a cui costui rimane legato pur fra mille distinguo. L’attacco è tutto un programma. Niente domande. Si comincia con un’affermazione in puro stile nominale: «Massimo Cacciari bocciato dal Tar.» Risposta del professore: «Su che cosa scusi?» E via così.
In fondo, la signora in veste di pubblico ministero sa che Cacciari è un vulcano e che le cose non le manda certo a dire. Deve aver pensato che l’intervista le sarebbe venuta facile facile: santo cielo, vuoi che Cacciari non parli male del Pd? Basterà porgergli la battuta. E vuoi che Cacciari non si lasci sfuggire qualcosa di imbarazzante come l’altra volta quando ha detto che i cittadini sono un esercito di infanti incapaci di arrangiarsi? (Che poi a me sembra una diagnosi corrispondente al vero).
Tutto lecito, per carità. È un tipo di giornalismo oggi molto in voga. Anche sul versante opposto. Sta di fatto che a Cacciari la zampata riesce comunque, e quando accenna alla necessità di una «responsabilizzazione degli enti locali» tocca il punto nevralgico. E allora ricuciamolo il discorso. Perché è vero che da una parte abbiamo una maggioranza di italiani sprovvista di senso civico: gli infanti che, non sapendo arrangiarsi, alimentano il paternalismo delle istituzioni statali e locali, male congenito dell’Italia unita. Ma dall’altra abbiamo tante amministrazioni sprecone, che dissipano il denaro pubblico o, peggio, mettono i bastoni fra le ruote a quelle associazioni di volenterosi che sanno arrangiarsi e tengono unito un tessuto cittadino che altrimenti andrebbe a farsi friggere.
Cacciari, pur nel pessimismo, confida nelle capacità di un vero federalismo di costringere gli enti locali a rendere conto delle loro scelte amministrative. Un vero federalismo. Non quello che ci viene gabellato per tale. Ha ragione? Non lo so. A me sembra che il federalismo, vero o falso, sia nulla se non ricostruiamo un sistema virtuoso dei partiti e una classe dirigente che diriga anziché assecondare passivamente gli orientamenti di pancia del proprio elettorato.
Nessun commento:
Posta un commento