sabato 31 luglio 2010

Seconda Repubblica: siamo alla crisi finale?


Com’era forse naturale, l’epurazione di fatto di Fini dal Pdl ha sollevato numerosi interrogativi non solo riguardo alla tenuta del governo ma pure riguardo all’intero sistema politico italiano. Antonio Polito, per esempio, conclude il suo ponderato e illuminante editoriale sul Riformista affermando bensì che siamo «davvero già fuori dal berlusconismo», ma aggiunge che il timore è che «sia cominciata anche una crisi istituzionale, morale e politica dagli sbocchi del tutto incerti». La ragione l’ha spiegata prima: «l’esplosione del Pdl» arriva «dopo l’implosione del Pd». Dunque, non è in crisi il solo governo Berlusconi, è in crisi il sistema su cui poggia la deludente seconda Repubblica.

Su questo punto concorda sostanzialmente Enrico Cisnetto in un fondo apparso agli inizi di luglio sul quotidiano Liberal intitolato emblematicamente Oltre la crisi del sistema. Anche la sua riflessione, che si distingue per un più fiducioso visionarismo energetico, muove dall’assunto che la sinistra «è morta prima ancora della destra». Ciò significa che «il bipolarismo ha perso entrambi i poli su cui si regge» e che quindi non ha più alcun senso immaginare la creazione di una “terza forza”. Quello che serve, come nel 1994, è «una “prima forza”, sostitutiva dell’esistente». E il nuovo polo nascente potrà decidere dove collocarsi, e cioè se ereditare il voto moderato oppure quello progressista.
Angelo Panebianco sul Corriere della sera inverte i termini della funebre equazione. «Con la fine del Popolo della Libertà» scrive «suonano le campane a morto anche per il Partito democratico. Le due aggregazioni nemiche si sorreggevano a vicenda. La fine dell’una annuncia la fine dell’altra.» È una tesi che anche nell’ora del tramonto riconosce una primazia al centrodestra: anche in questo caso l’iniziativa parte da lì, il centrosinistra subisce pure nell’inarrestabile declino. Ma l’assunto di fondo non cambia. Comunque, anche per Panebianco, «è l’intero sistema politico che viene rimesso in moto, con conseguenze imprevedibili.»
È davvero così? Chi scrive lo teme e lo auspica allo stesso tempo. Ma soltanto gli eventi futuri potranno confermare o smentire queste analisi. Niente impedisce di credere per esempio che, al contrario di quanto sembri all’evidenza, il Cavaliere abbia fatto benissimo i propri conti, e abbia sfruttato il caso Fini e la debolezza del Pd drammaticamente evidenziata dalla candidatura di Vendola per arrivare a un redde rationem definitivo e ripresentarsi alle urne con rinnovato dinamismo. È un’eventualità, beninteso, che vorremmo scongiurare. Ma non la escluderemmo a priori.

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