giovedì 17 aprile 2008

Sinistra: uscire dalla sconfitta

«La sconfitta è un’esperienza dura da padroneggiare e la tentazione è sempre quella di sublimarla». Così scrive Perry Anderson, uno dei massimi studiosi di area marxista, in Spectrum. E indica nell’autoreferenzialità il principale vizio che impedisce alla sinistra di comprendere la tendenza fondamentale del nostro tempo e che la condanna a un ruolo minoritario e subalterno. In realtà, Anderson non parla di sconfitte elettorali, parla di una sconfitta nel mondo delle idee. Il suo assunto è che oggi, in Europa e negli Stati Uniti, sono le idee conservatrici ad aver guadagnato progressivamente terreno. L’egemonia culturale, che per un breve periodo nel Novecento è sembrata appannaggio della sinistra, ormai è tornata saldamente nelle mani della destra. Perché?

Forse questa prospettiva di ricerca è troppo distaccata perché possa suscitare interesse a ridosso del 14 aprile (maledetto aprile: «è il mese più crudele», scriveva Eliot). E, del resto, è sempre rischioso avventurarsi in territori così sconfinati, dove la tentazione di trarre conclusioni sulla base di considerazioni astratte è sempre in agguato. Ma, anche se molto rozzamente, vorrei lo stesso sottoporre un punto alla riflessione.

La sinistra riformista è sempre in difficoltà nei periodi di rallentamento dello sviluppo economico. E si capisce. Se non ci sono ricchezze da ridistribuire o capitali da investire a vantaggio della collettività, la sua funzione storica viene meno. A cosa serve una sinistra che non può garantire quel principio di uguaglianza su cui si regge? È naturale che, a queste condizioni, l’elettorato preferisca volgersi a destra. Cos’altro potrebbe fare? Se non funziona una ricetta, se ne prova un’altra.

Così impostato, il problema appare di natura squisitamente politico-economica. Ed è comprensibile che, a sinistra, le soluzioni vengano ricercate in una serie di provvedimenti volti a rimpolpare le ricchezze dello Stato (incentivi all’economia, razionalizzazione del sistema delle imposte, lotta all’evasione, eccetera). Già! Ma siamo sicuri che questo sia il modo giusto di impostare il problema? E se invece il vizio risiedesse nell’arroccamento culturale? Se fossero gli assiomi che sorreggono l’intera struttura concettuale, e quindi anche l’azione, a essere sbagliati? Insomma, per dirla in termini spicci, è proprio vero che quello ridistribuivo è lo strumento più efficace per garantire l’uguaglianza?

Finora la sinistra riformista ha risposto senz’altro sì. Nella sua lunga storia, quando ha avuto ruoli di governo, ha sempre privilegiato i metodi della socialdemocrazia. Ma si dimentica che anche il liberalismo nasce a sinistra. Fatta eccezione per uno sparuto gruppo di intellettuali isolati, noi non abbiamo mai provato a verificarne sul serio gli strumenti. Li abbiamo abbandonati senza tanti complessi di colpa alla destra (che peraltro non li ha mai usati davvero), pensando che per loro natura andassero a beneficio dei ceti superiori. Eppure, il liberalismo di per sé non è affatto aristocratico, non sta dalla parte dei ricchi, non è di destra, non è conservatore. Anzi. Perché non provare a sondare anche questa corrente culturale? Per uscire dall’autoreferenzialità di cui parla Anderson, è necessario cambiare sguardo: accantonare l’apparato concettuale che si è dimostrato inefficace e sperimentarne altri (magari per scoprire che anche questi sono inadattati, e quindi cercarne altri ancora).

Non sto tessendo un elogio a priori delle privatizzazioni, che possono essere utili o no, a seconda dei casi. Sto proponendo una diversa prospettiva politico-intellettuale, che persegua sempre l’uguaglianza, ma invece di ricorrere agli strumenti paternalistici della socialdemocrazia, miri a liberare le energie individuali, mettendo ogni singolo nelle condizioni di essere promotore della propria ricchezza, anche in assenza di un’azione ridistributiva. È una strada che in Italia non è mai stata battuta (tanto meno da Berlusconi, che è un liberale soltanto a parole). Il PD è concettualmente attrezzato per mettere alla prova anche questa prospettiva. Può farlo.

10 commenti:

Unknown ha detto...

o meglio, si può fare

Anonimo ha detto...

Umiltà, coerenza e orgoglio. Solo così la sinistra resusciterà!

Giuseppe Gallo ha detto...

Non ho capito quale sinistra vorresti resuscitare. Vediamo.

1) Il PD? No. E' giovane e gracile, ma vivo. Semmai deve nutrirsi di più e fare tanta palestra.

2) La sinistra antagonistica? No. Anche lei è viva e vegeta. E' semplicemente tornata all'ovile. Per sua natura questa sinistra è marginale ed extraparlamentare. E continuerà a esserlo finché sarà antagonista.

3) La sinistra di Bertinotti e Boselli. Mmm. Questa, sì, è una sinistra che si è suicidata ed è stata suicidata. Non ha niente da spartire con gli alternativi e gli antagonisti. E' potenzialmente una sinistra di governo. Può risorgere? Sì, ma credo che le rimanga solo un mezzo: entrare nel PD. In un sistema bipartitico, non c'è spazio per i doppioni.

Anonimo ha detto...

Un post interessante, che mi è piaciuto molto e in cui mi riconosco in molti passaggi.

Complimenti.

Mister X di COmicomix

Anonimo ha detto...

"diversa prospettiva politico intellettuale"
"liberare energie intellettuali"
"mettendo ogni singolo nelle condizioni di essere promotore della propria ricchezza"
L'acqua calda è già stata inventata, caro mio, il problema è che qualcuno ha spento il fuoco e nascosto il carbone!
Noi queste cose le sappiamo dai tempi di De Gasperi; poi sono arrivati La Pira, Fanfani e tutta la sinistra DC che si è saldata, prima intellettualmente,poi politicamente, infine organizzativamente con i comunisti.
questo ha comportato un salto indietro dell'Italia fino all'ottocento (come ideologie, categorie, ecc..) e, dagli anni '70 in poi ha bloccato qualsiasi sviluppo culturale, infrastrutturale, sociale, economico, politico.
non crediamo proprio che gli eredi di questi gruppi di potere che hanno provocato il danno (forse) irreparabile, siano quelli che possono rappresentare il futuro dell'Italia. Ecco perchè il PD ha perso e perderà sempre.

Giuseppe Gallo ha detto...

Be', non si può pretendere che un anonimo "cittadino libero e perplesso", con una personalità tanto scissa da firmarsi al plurale, abbia anche qualcosa da dire. Facciamoci una risata, e andiamo avanti.

Anonimo ha detto...

il plurale è perchè siamo milioni, per quanto riguarda le cose da dire, non sei neppure in grado di intervenire nel merito, continua così e non andrai molto "avanti" (come dici tu)

Giuseppe Gallo ha detto...

No, tu sei un singolo, per giunta anonimo, e non hai la "libertà" di interpretare il pensiero di altri. Se vuoi intervenire qui, fai il favore di rispettare le regole, di evitare calunnie, insulti e falsità, e di presentarti con nome e cognome o con un nick accettabile. Altrimenti vai su altri lidi.

Anonimo ha detto...

cittadini liberi ha lo stesso valore identificativo di giuseppe gallo.
non abbiamo calunniato e insultato nessuno, casomai tu, abbiamo espresso concetti chiari e dimostrabili.
se preferisci rimanere nelle tue consolidate convinzioni (come del resto tutti i sinistri) ciao.

Giuseppe Gallo ha detto...

Appunto, ciao.

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