di Susanna Janina Baumgartner
Pardon. Dono e perdono hanno un rapporto essenziale con il tempo. Per perdonare, deve esserci un passato che non passa e che io decido di far passare con un dono: prima di tutto a me stesso e poi all’altro. Per dono. Tempo donato e tempo da donare.
Si è sempre colpevoli, si ha sempre da farsi perdonare quando si tratta del dono e del “per dono”, che può diventare appello alla riconoscenza, un veleno, un’arma, un’affermazione di sovranità. Si prende sempre donando. Sono questi gli abissi che ci attendono e che ci minacceranno sempre.
Chi perdona? Chi domanda perdono a chi? Chi ne ha il diritto e il potere? Si perdona qualcuno o si perdona qualcosa a qualcuno? Il perdono è possibile solo alla condizione che sia domandato? Il perdono può essere accordato solo se il colpevole si mortifica, si confessa, si pente?
Vi è nel senso stesso del perdono una forza, un desiderio, uno slancio che esige che il perdono sia accordato, se può esserlo, perfino a qualcuno che non lo domanda, che non si pente. Il perdono prende senso (se almeno deve mantenere un senso, cosa che non è sicura), trova la sua possibilità di perdono solo laddove esso è chiamato a fare l’im-possibile e a perdonare l’imperdonabile.
Il perdono, se ce n’è, deve e può perdonare solo l’imperdonabile, l’inespiabile e quindi fare l’impossibile. Perdonare il perdonabile non è perdonare. L’analisi del “perdono”, di “perdono” è interminabile. Il perdono non dovrebbe essere permesso che dalla parte della stessa vittima. La questione, in quanto tale, del perdono dovrebbe sorgere solo nel faccia a faccia tra la vittima e il colpevole.
Bisogna, però, anche considerare se l’idea del perdono non debba liberarsi del suo correlato di espiazione. Un perdono possibile solo in relazione all’im-possibile. Un perdono al di là della parola richiesta, forse, dal perdono. Fare del silenzio l’elemento stesso del perdono, se ce n’è?
Certi animali fanno la guerra e fanno la pace. Non tutti, non sempre, come fra gli uomini. Non si può negare questa possibilità, addirittura questa necessità, del perdono extra- verbale, se non addirittura an-umano. Ogni colpa, ogni male è anzitutto uno spergiuro: ossia il mancare a una certa promessa, a un certo impegno, a una certa responsabilità.
Per essere giusto, in vista di essere giusto, devo domandare perdono, perchè per essere giusto, io sono ingiusto e tradisco. Tradisco sempre qualcuno per essere giusto, perchè è ingiusto essere giusto. Rischio sempre di tradire qualcun’altro perdonando, poiché si è votati a perdonare sempre nel nome di un altro.
Perdono! Perdonatemi di aver preso il vostro tempo così a lungo. Grazie. In fondo, voi non saprete mai quello che io vi dico quando vi dico, per concludere, perdono e grazie. Al principio ci sarà stata la parola “perdono”, “grazie”. Pardon
1 commento:
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