I politici hanno l’obbligo di mostrare il lato buono del loro volto, e provare a suscitare entusiasmo in chi li ascolta o li legge. A modo suo ci prova anche Romano Prodi, il meno combattivo dei politici italiani. E, sul numero zero del bimestrale «PD» (fantasia del nome!), neonato organo di discussione del nascente Partito democratico, scrive: «Il PD può respingere l’antipolitica, uno dei più gravi rischi che il sistema democratico può correre». Bene. Ne siamo felici. Vorrà dire che sarà un partito molto forte. Era ora!
Ma a che cosa diavolo allude il premier parlando di antipolitica? Possibile che abbia in mente le sparate autunnali di Beppe Grillo? Intendiamoci. Qui, non si vuole affatto negare che il comico genovese sia un incosciente e che abbia fatto la cacca dove non doveva. Però possiamo sinceramente pensare che lui e il suo pubblico siano tanto potenti da rappresentare «uno dei più gravi rischi che il sistema democratico può correre»? Suvvia, siamo seri!
E, poi, anche ammesso che sia così, che cosa potrebbe fare il Partito democratico per respingere l’antipolitica? Emarginare i sediziosi? Risolvere le contraddizioni politiche e sociali che sono il vivaio dell’antipolitica? O tutte e due le cose insieme (un colpo al cerchio e uno alla botte)? Ma questi non dovrebbero essere compiti del governo più che di un partito?
Forse, però, quella di Prodi è semplicemente un’uscita propagandistica. L'ipotesi è verosimile, visto che qualche riga sotto il presidente del Consiglio si prende il gusto di lanciare una frecciatina (tanto innocua, per la verità) all’indirizzo dell’eterno rivale Berlusconi: «Noi abbiamo voluto un partito vero, disciplinato da regole e che si configuri come organismo collettivo. Tutto il contrario dei partiti oligarchici o personali.» Mah! Speriamo. (In ogni caso, perché un partito oligarchico o personale sarebbe meno vero di un partito che si configura come organismo collettivo? Boh! E, comunque, il partito vero è anche più efficace dei partiti non veri? Ha idee più chiare? Saprà convincere gli elettori?)
Ancora più probabile, tuttavia, è che, parlando di antipolitica, Prodi alluda in realtà al più generale clima di sfiducia, che avvolge non tanto la politica tout court, vagamente intesa, quanto i concreti risultati delle decisioni politiche e il modo in cui esse vengono prese in un sistema democratico. In questo bisognerà piuttosto vedere un’influenza dell’antidemocrazia, che storicamente ha sempre avuto più successo della democrazia stessa (chissà perché lo si dimentica così facilmente, nonostante le molte dittature dell'Europa occidentale: non solo il fascismo e il nazismo, ma anche la Spagna di Franco e la Grecia dei colonnelli). Ma bisognerà vedervi anche una legittima protesta dei cittadini, insoddisfatti di fronte alle troppe promesse non mantenute.
Se fosse così, altro che Partito democratico! Ci vorrebbe ben di più. A cominciare da un serio riesame della storia della democrazia moderna così come si è realizzata in Occidente e, magari, da uno sforzo per correggere almeno le principali storture. Per fare tanto, tuttavia, bisognerebbe rinunciare agli slogan propagandistici e alle conclusioni prefeconzionate. Chissà se è chiedere troppo.
martedì 9 ottobre 2007
Antipolitica e antidemocrazia
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