martedì 31 maggio 2011

È l’ora di un riformismo popolare

La crisi del berlusconismo è inequivocabile. Ma qual è il messaggio che l’elettorato manda al centrosinistra? L’alta partecipazione alle primarie, al voto e alla gioia del postvoto sembra offrire un’indicazione.

La folla riversatasi ieri in piazza del Duomo sin dal pomeriggio per festeggiare la vittoria di Giuliano Pisapia era impressionante. E ad accomunarla era la sensazione che qualcosa di storico è avvenuto in questi ballottaggi. Si tratta di capire cosa è avvenuto. I no dell’elettorato in questo referendum politico sono chiari: è stata bocciata l’amministrazione Moratti, bocciato Berlusconi, bocciata la velenosa campagna elettorale del centrodestra. Ma a cosa l’elettorato ha detto sì?
Qualche osservatore ieri pomeriggio ha affermato che il berlusconismo ha profondamente cambiato lo scenario politico costringendo anche la sinistra a puntare sul personalismo leaderistico. Non mi sembra. Pisapia non ha i tratti del leader carismatico (come non li ha Bersani). Direi anzi che è un oratore timido. La sua forza non sta nell’immagine. Ha vinto perché ha saputo intercettare i sentimenti e i bisogni dei milanesi meglio della sua concorrente. E ha vinto perché ha saputo incarnare meglio lo spirito di Milano. (Come le nazioni, anche le città hanno uno spirito, e non ha niente di astratto: è qualcosa che affonda le radici nella storia e nel modello di organizzazione collettiva che si sono date).
Allora, anche se è sempre difficile interpretare i messaggi dell’elettorato, credo che si possano leggere questi risultati anzitutto come una richiesta di ritorno alla politica. Per quasi vent’anni, Berlusconi ha cercato di convincerci che la politica è sinonimo di parassitismo e non si può consegnare il governo del paese o di una città a chi «non ha mai amministrato neppure unedicola» (parole testuali). Ma la retorica degli imprenditori al potere non ha dato i frutti sperati, né a Milano né a livello nazionale. È ora di offrire un’altra possibilità a una politica che non si vergogna di essere quello che è. Pisapia offre il giusto mix: appartiene al mondo delle professioni e nello stesso tempo ha una coscienza dei problemi collettivi politicamente chiara.
Secondo. Il ritorno alla politica non è un ritorno né ai partiti del passato né al centralismo partitico. Uno dei motivi di forza di Pisapia sta nell’essere stato scelto come candidato sindaco attraverso lo strumento delle primarie, e cioè attraverso una partecipazione allargata. Non solo. Ieri sera in piazza del Duomo c’erano molte bandiere di partito: Pd, SeL, Fondazione della Sinistra, Idv. Ma il colore dominante era l’arancione. Tutti o quasi tutti indossavano qualcosa di arancione: una t-shirt, un foulard, una sciarpa, i pantaloni, una bandiera avvolta attorno alle spalle o anche solo una spilla o un nastro legato al polso. Se i simboli hanno un significato, credo vi si possa vedere un invito a guardare avanti e ricompattare la sinistra su parole d’ordine aggiornate. Spero che la passione non mi faccia velo, ma a me pare che a sinistra si apra la stagione delle grandi decisioni e che, finalmente, si profili la possibilità di un riformismo popolare, di massa, audace, convinto. Il contrario sia del riformismo aristocratico – tanto intellettualmente spregiudicato quanto inadatto a creare consenso a livello nazionale – sia del «riformismo senza riforme» di cui si lamentava anni fa Napoleone Colajanni.
Quanto al berlusconismo, questa volta sembra proprio finito davvero. Il collasso ha tanti luoghi simbolo. Non solo Milano, Napoli, Torino. Ma anche Cagliari, Trieste, Novara, Gallarate, Rho, Arcore, Crotone… I cicli politici, del resto, non durano in eterno. Berlusconi è riuscito a prolungare la propria parabola oltre il suo naturale span, grazie ai suoi poderosi mezzi economici e grazie anche alle difficoltà di riorganizzazione incontrate dal sistema dei partiti dopo la fine della guerra fredda e il cataclisma di Tangentopoli. Ma, nonostante i suoi inevitabili tentativi di rimanere in sella, il Cavaliere ha esaurito la sua funzione propulsiva. Poteva apparire un innovatore – come  lo dipinge Giuliano Ferrara – negli anni Novanta, quando lo sfaldamento della vecchia classe dirigente italiana aveva lasciato un gigantesco vuoto nello spettro parlamentare. Oggi no. Oggi è d’intralcio ai desideri di Terza Repubblica che ormai hanno contaminato la maggioranza dell’elettorato e tutti i ceti sociali.
Certo, nessuno si nasconde le molte ombre che offuscano l’orizzonte: lo scarso insediamento del centrosinistra nel Sud, la debolezza elettorale di quella destra europea che Futuro e libertà aspira a incarnare, l’ambiguo giacobinismo che scalda tanti elettori e la crescita del movimentismo antisistema. Ma il tramonto del berlusconismo sbloccherà tante energie positive oggi imprigionate in una contesa politica sbilanciata sulle urgenze del Cavaliere. Con tutta probabilità, nei prossimi mesi assisteremo a un grosso rimodellamento del quadro generale della politica. Non mancheranno i momenti di frizione e i colpi di coda. Ma c’è un dinamismo in atto che difficilmente sarà arrestato. Insomma, ne vedremo delle belle e avremo tanto da studiare.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Spero vivamente che i Tribunali preposti al controllo delle aziende/appalti relativi e connessi a Milano Expo, siano attenti e vigili...

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