mercoledì 25 maggio 2011

Milano, anche i falchi stancano

A pochi giorni dal ballottaggio, il centrodestra insiste nella strategia della paura. E Mario Giordano attacca i cattolici favorevoli a Pisapia. Ma forse il vero obiettivo è recuperare i voti degli elettori delusi dalla Lega.

Arriva ultimo nella corsa a chi la spara più grossa. Ma arriva pure lui: Mario Giordano. Sul Giornale di oggi scrive che i cattolici che appoggiano Giuliano Pisapia favoriscono, senza esserne coscienti, «lo sfascio della famiglia tradizionale e le leggi pro-transgender, l’eutanasia e il suicidio assistito, le camere del buco, la droga libera e la pratica dell’aborto su larga scala, come metodo contraccettivo». Nientepopodimeno. Viene voglia di rispondere: e basta! Certe sciocchezze lasciatele dire a La Russa e alla Santanchè: nella foga della politica possono anche starci. Ma a nessun giornalista è concesso di sbracare in tal modo. Né di una parte né dell’altra.
Ora, intendiamoci, io non sono un lettore neutrale. Sono parziale, parzialissimo. Sostengo Pisapia perché vedo nel suo programma e nella sua figura una continuità con la tradizione del riformismo di sinistra milanese. Quindi per una ragione culturale e politica. E sostengo Pisapia perché l’amministrazione Moratti non si è dimostrata all’altezza delle sfide di questa città. Quindi per una ragione concreta, pragmatica e preideologica, e ciò anche se non mi vergogno della mia ideologia di sinistra, anzi ne vado fiero e la enuncio con onestà: perché socialismo e liberalismo sono quanto di meglio abbia saputo creare la storia del pensiero politico.
So pertanto di non essere molto attendibile se affermo che la campagna del centrodestra in questi ballottaggi mi sembra quanto mai assurda e incomprensibile. Del resto, non è indirizzata a me. Lo scopo – credo – sia recuperare anzitutto i voti persi degli elettori della Lega. (In proposito, suggerisco la lettura di una bella analisi dei flussi di voto condotta da Paolo Natale su Europa). Altrimenti non si capisce perché tutta questa aggressività. A meno di volerla spiegare con la carta della disperazione, e non escluderei che ci sia pure quella.
Sta di fatto che mi sarei aspettato che Berlusconi e i suoi sodali si concentrassero su Napoli, dove la partita è aperta. E che a Milano lasciassero fare alla Moratti, evitando di mettere ulteriormente a repentaglio la tenuta del governo. Né occorreva abbandonarla. Si poteva operare in modo più indiretto e discreto. Invece, così, l’ex lady di ferro meneghina ha finito con l’essere del tutto esautorata. Dalle pagine dei quotidiani, dalle tv e dai manifesti elettorali è pressoché scomparsa. La scena l’hanno occupata per intero il Cavaliere azzurro e il Senatùr, spalleggiati da Sallusti e dai suoi miliziani.
È una strategia vincente? Speriamo di no. A me è rimasta impressa quella frase di Bossi: «Noi sosterremo la Moratti ma lei deve fare molto meglio del passato.» Che mi pare un appello al voto quanto meno curioso, equivalente a una mezza bocciatura.


Aggiornamento: il senso dellassurdo mi è cresciuto dopo le anticipazioni della sconvolgente intervista di Vanity Fair a Sallusti. La leggerò per intero, intanto se ne parla qui: la Stampa. E qui: Corriere della sera. Ma perché il direttore del Giornale non ha aspettato lunedì per dire queste cose?

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