mercoledì 24 giugno 2009

PD: interrogativi sul congresso e le primarie

Dunque. Se ho capito bene, al congresso si discute, ma il segretario lo si elegge dopo, per mezzo delle primarie (al cui voto, sempre se ho capito bene, sono ammessi tutti, iscritti e no).

Supponiamo che il congresso sia un vero congresso. E cioè un luogo in cui ci si confronta non dico su documenti, tesi e mozioni (abbiamo capito che al PD piace cambiare il nome alle cose), ma comunque su progetti, linee, programmi. Domanda: questi progetti, linee e programmi o come si chiameranno vengono messi ai voti al congresso?

1) Se sì, ci sarà una linea prevalente, approvata dai delegati che, immagino, saranno stati a loro volta votati dai congressi di sezione, dei comuni, delle regioni. In questo caso, i delegati indicherebbero con il loro voto che cosa dev’essere e deve fare il PD, però non chi deve esserne segretario.

Cosa curiosa. Perché a questo punto o le primarie sono una pura formalità propagandistica che ratifica le scelte del congresso scegliendo il candidato già vincente (come nel 2007) oppure sono primarie vere, libere di assicurare la maggioranza dei voti all’outsider che sostiene una linea diversa da quella uscita maggioritaria al congresso.

Nel primo caso ci si chiede perché dovremmo sprecare tempo con le primarie, nel secondo perché dovremmo sprecare tempo con il congresso.

2) Poniamo invece che al congresso si discuta soltanto, e non si pongano ai voti né tesi né mozioni né progetti né programmi né altro. In questo caso, il congresso sarebbe una vetrina in cui i candidati alle primarie espongono, chiariscono e divulgano la propria linea e idea del PD.

Ma allora mi domando: serve proprio fare il congresso? In questo caso, non sarebbe più conveniente svolgere solo le primarie ma autentiche, più o meno all’americana? E cioè spedire i candidati in giro per le regioni, con il loro bel documento in tasca, lasciare che si azzuffino per un ragionevole numero di mesi, che si trovino i finanziatori, si sbattano, ci raccontino quello che vogliono fare, ci convincano, e infine scegliere il sopravvissuto? (Perché queste sono le primarie: una battaglia in stile Highlander, che metta alla prova intelligenza e tempra dei candidati.)

PS. Non è quest’ultima l’ipotesi che preferisco. Sono un reazionario: potendo scegliere, sceglierei un congresso in bianco e nero, fatto di documenti, tesi e mozioni, senza primarie, senza eufemismi e senza retorica del nuovo o ingenui appelli alla democrazia diretta. Ma l’ipotesi delle primarie autentiche (made in USA) la preferirei senz’altro al pasticcio che per ora sembra profilarsi.

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