domenica 9 settembre 2007

Un’idea onirica

Nel vocabolario della sinistra, c’è una voce che è stata del tutto rimossa: alienazione. E, forse, meglio di qualcunque altra cosa è tale rimozione a dare l’idea di quanto sia radicale la mutazione genetica avvenuta in questo fronte del mondo delle idee.

Mettere in soffitta Marx è stata una decisione saggia dal punto di vista della politica praticata. Ma, dal punto di vista della cultura (la teoria politica), era necessario fare un bilancio più sereno e meno frettoloso, evitando di gettare il bambino con l'acqua sporca. In effetti, la critica dell’alienazione collocava la cultura di sinistra all’interno di una più ampia tradizione: quella di un umanesimo democratico e industrioso, che si poneva l’obiettivo di liberare l'uomo dai suoi mali storici. L’antitesi di quell’altro umanesimo, aristocratico e letterario, notoriamente incline a rifuggire dalla realtà per ripiegare nel culto di una bellezza tanto squisita quanto sdegnosa.

Fu questa tensione liberatoria (molto più del confuso programma di una società alternativa) ad avvicinare al movimento comunista una massa di intellettuali di varia provenienza: neorealisti, esistenzialisti, neopositivisti, liberali, francofortesi... Certo, non tutto è oro quel che luccica. A sostenere quella tensione era un eterogeneo bagaglio ideologico che - a dispetto delle intenzioni - finiva spesso con il mettere le «braghe» alla Storia.

Nessuno può seriamente rimpiangere le dispute dottrinarie che hanno tanto accalorato molti funzionari di partito e molti intellettuali, limitandone di fatto la forza creativa e irrigidendone la produzione delle idee. L’ideologia è sempre una brutta bestia. Ma la critica all’alienazione conteneva, in nuce, anche la critica all’ideologia, in quanto essa stessa strumento di alienazione.

Qui, la rottura con il passato è stata più che deleteria, e ha finito con l’abbandonare ogni progetto di liberazione a forze religiose di varia natura, che possono oggi legittimamente presentarsi come le sole rimaste a difendere le ragioni dell’uomo contro le minacce delle due forze uscite vincitrice nella lotta della modernità: il Capitalismo e la Tecnica.

Questo blog nasce, senza farsi troppe illusioni, dall’idea quasi onirica che la sinistra, se vuole sopravvivere, debba tornare, con il senno di poi, a ripensare la propria funzione critica, e farsi di nuovo portatrice di un umanesimo aggiornato, capace di mettere il dito nella piaga delle alienazioni. Non si proporranno ricette né programmi, e neppure si trarranno conclusioni (non è questo il luogo).

Si proverà, invece, a verificare qualche ipotesi. E, soprattutto, ad affondare lo sguardo in alcuni fatti emblematici del presente culturale e politico, cercando - se possibile - di estremizzarne le contraddizioni, perché è la critica che può salvarci dall’ideologia e dalle opinioni passivamente ricevute.

1 commento:

greystoke ha detto...

Mi ritrovo in pieno nel "generale clima di sfiducia".

Mi appare cristallino, come in una visione, che
non si può cambiare la società senza ri-formare,
tras-formare, le persone che la compongono.

Una élite rivoluzionaria potrebbe, un giorno?
Ma Prodi, Veltroni, Berlusconi, Grillo?

Queste marionette che ci intrattengono non
cambiano nulla, nemmeno le istituzioni
che dicono di voler governare o riformare.

Figuriamoci cambiare le persone!

E la politica, anche nella forma della
tirannide, cambia solo la superficie
delle persone, non ne tocca il cuore.
(La televisione e la scuola sì, ahimé.)

La libertà è una meta in primis personale,
quindi può e deve essere anche comunitaria.
Non si può però procedere all'incontrario.

Una società di servi, qualunquisti, furbetti e
piccoloborghesi, può produrre solo lo stato
servile nel quale ci troviamo.

La disciplina e l'educazione interiore,
in un percorso di formazione spirituale
(da slave o da monaco, non importa)
non sono facilmente sostituibili.

John

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