lunedì 26 luglio 2010

Nucleare: cosa pensa il PD?


«Ce n’è da fare di cose sull’energia, ma la strada è un’altra da quella che il governo sta prendendo» ha dichiarato Bersani a Repubblica, commentando la disponibilità del professor Veronesi a valutare l’incarico di presidente dell’Agenzia per la sicurezza del nucleare propostogli dal ministro Stefania Prestigiacomo. E ha aggiunto: «Pensare di rientrare nel nucleare in questi modi abborracciati non va [...]. Il programma del governo Berlusconi è di approssimazione totale.»

Dunque, sembrerebbe che il PD non sia contrario in assoluto al nucleare, piuttosto è contrario ai modi abborracciati e approssimativi scelti dal governo di centrodestra. L’impressione sarebbe avvalorata da un passo in cui Bersani precisa che «è giusto che l’Italia si infili nella prospettiva e nella tecnologia della ricerca sul nucleare.» Se è così, verrebbe confermata la risposta alla lettera aperta sul nucleare firmata a maggio da settanta nomi di spicco della scienza, della cultura e della politica. In tale occasione, il segretario del PD aveva garantito che da parte del suo partito non c’è nessuna preclusione ideologica. Semmai il PD contesta «le velleità di un piano che non si occupa di alcuni argomenti centrali come la dipendenza tecnologica, le condizioni di sicurezza, la gestione degli esiti del vecchio nucleare, il decomissioning, le scorie...»
Ma, allora, perché il PD non spiega quali sono i modi giusti – razionali e non abborracciati – di rientro nel nucleare? Se non vi sono preclusioni ideologiche, perché non si fa promotore di una task force o un pensatoio che elabori una proposta suscettibile di consenso che sottragga al centrodestra il monopolio delle idee in campo di politica energetica?
Il fatto è che, sempre nell’intervista a Repubblica, Bersani afferma anche che «la bandiera-nucleare del governo ci distrae dalle priorità di oggi.» E quali sono queste priorità? «L’efficienza energetica e uno sviluppo razionale delle fonti rinnovabili: nella manovra di Tremonti entrambe le cose sono state assolutamente colpite.» E a questo punto non capiamo più cosa il segretario del PD voglia dire.
Precisiamo: nucleare e fonti rinnovabili non sono affatto in contraddizione fra loro. Anzi, si integrano benissimo e possono andare perfettamente a braccetto. Perché hanno in comune il medesimo obiettivo: ridurre la dipendenza dai combustibili fossili. Ma, al di là dei limiti del progetto berlusconiano, il PD è favorevole o non è favorevole a investire nel nucleare? Credo che nessuno sia in grado di rispondere a questa domanda.
I troppi distinguo di Bersani sono certamente giustificati dall’opportunità politica, e cioè dalla necessità di non alienarsi i consensi di un’ampia fascia della sinistra e del suo partito ostile al nucleare. Ma tanto tergiversare finisce col confondere e scontentare tutti: per gli uni (fra cui chi stende queste note), le sue parole sono eccessivamente caute di fronte a una questione energetica percepita come emergenza improrogabile, per gli altri sono eccessivamente fiacche nel contrastare un ritorno al nucleare giudicato anacronistico. La conseguenza è che agli occhi dell’opinione pubblica e dei suoi stessi sostenitori il PD si conferma un partito indeciso, incapace di prendere una posizione chiara riguardo alle questioni fondamentali della contemporaneità.
Questo amletismo risulta ancor più miope in un momento in cui il PD si trova pressato da destra e da sinistra. Per dirla in modo icastico, da Montezemolo e da Vendola. Il rischio che l’uno e l’altro riescano davvero a sparigliare le carte è reale. In queste circostanze, se vuole tirarsi fuori dalla situazione di scacco, il PD ha l’obbligo di spiegare in modo inequivocabile cosa vuole e cosa pensa. È quello che invano gli chiedono ripetutamente quanti, pur senza molti entusiasmi o senza troppo ottimismo, guardano con attenzione a una forza di sinistra che ambisce a essere riformista e allo stesso tempo di massa.

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