martedì 22 dicembre 2009

Riforme: perché sì al dialogo

A siglare un patto col diavolo si perde l’innocenza. Ma non vedo il motivo di ignorare i benefici che se ne ricavano, visto che per convincerci a cedergli l’anima il diavolo dovrà pur dimostrarsi in grado di soddisfare il desiderio a cui maggiormente teniamo. Altrimenti il patto non si fa o decade. Certo, saranno benefici provvisori e controversi. E, tuttavia, c’è qualcosa in politica che non sia provvisorio e controverso? Insomma, non riesco proprio a capire la levata di scudi da parte degli irredentisti contro l’apertura al dialogo sulle riforme. Tanto più che a sinistra abbiamo una lunga tradizione favorevole al compromesso, avviata da Togliatti e proseguita con Berlinguer.

Si obietterà: ma non è un dialogo alla pari! Vero. Ma non lo era neppure quando il dialogo era con la DC. Oppure si potrà osservare: ma gli italiani non capirebbero, sono altri i problemi che devono affrontare quotidianamente, le questioni istituzionali che si vogliono riformare si collocano oltre il loro orizzonte, addirittura su un pianeta remoto, incomprensibile e difficile da sondare, perché richiede competenze altamente specialistiche che solo una minoranza degli stessi parlamentari possiede. Anche questo è vero, ma non è un’obiezione pertinente, perché proprio una “macchina” un po’ meglio funzionante e oleata consentirebbe di affrontare con una certa efficacia quei problemi su cui si concentrano le preoccupazioni degli italiani e che ora rimangono fuori della nostra portata.

Si potrà anche dire: ma noi sappiamo cosa, dietro la facciata delle riforme, ci chiede Berlusconi (restituire linfa a una legislatura esangue, garantendogli la momentanea immunità dai processi in corso contro di lui), non sappiamo cosa vuole invece il PD e cioè che cosa pone sul tavolo delle trattative, cosa intende guadagnare dal dialogo. È l’obiezione “riformista” mossa da Stefano Menichini su «Europa», molto diversa da quella “irredentista” del partito di «Repubblica». Ed è l’unica obiezione fatta sinora che vale la pena di prendere sul serio.

Non tocca a me dare una risposta. Tocca al PD, tocca a Bersani. Io mi limito a due osservazioni. Primo: se il prezzo che ci chiede Berlusconi è l’immunità, non c’è ragione di tirarsi indietro, lo si può pagare chiedendo in cambio una “merce” che valga quel prezzo. Molto peggio lasciare che, per difendersi, il Cavaliere dia un colpo mortale al sistema giudiziario, come avverrebbe qualora fosse approvato il cosiddetto “processo breve”, che è in realtà una prescrizione anticipata.

Secondo: Menichini sa bene che sulle cosiddette riforme c’è un confronto aperto da tempo e che su molte questioni (funzioni e poteri dell’esecutivo, elezione diretta del premier o sistema parlamentare, separazione delle carriere sì o no, proporzionale o maggioritario, ecc.) ci sono posizioni trasversali, non omogenee a questo o quell’altro fronte. Se non apriamo il dialogo su questi temi, su quali dovremmo farlo?

6 commenti:

Paolo Borrello ha detto...

Vi auguro un 2010 almeno un poco più positivo del 2009. Dobbiamo accontentarci...
Ciao a presto.

johnny doe ha detto...

Mi chiedo cosa c'era di così sbagliato nel lodo Alfano.Finita la legislatura,riprendono i processi al premier,così come è capitato in Francia.L'Italia è un paese da cambiare da cima a fondo,negli anni s'è creata una mentalità politica da paese dei campanelli.Se uno facesse una cosa giusta al 100%,vorrebbero il 105%,il dover essere dei sognatori prevale sempre sull'essere reale delle cose.Che ci frega (al limite) dei processi del premier,si faccian le riforme e basta.Questo farebbero dei veri politici,poi eventualmente si regolano gli altri conti.

Bartleby ha detto...

Non ne farei una questione di angeli e demòni. Il Diavolo è cosa ben più oscura di un Berlusconi così traslucido su cui sarebbe inopportuno aggiungere qualcosa rispetto a ciò che mostra lui stesso di sé quotidianamente; andrebbe ghigliottinato pubblicamente senza processo.
Lo stesso discorso vale per quel serafico volpone che è D'alema, da cui l'Innocenza in-quanto-tale ha dichiarato già da tempo di essersi dissociata dalle sue vanitose macchinazioni politiche.

Arrivati ad un punto in cui la Politica è diventata inspiegabilmente un'astrazione dal reale stato di cose, con l'inevitabile conseguenza che venie da chiedersi a chi giovi la subordinazione a uno Stato dove tutto è privato e niente risponde a una logica di comunità, non ha senso più nemmeno preoccuparsi delle riforme.
Invece sarebbe l'ora di svegliarsi..

jognny doe ha detto...

Beh,se dobbiamo metterla in questo modo,questo per noi anarchici sarebbe un invito a nozze.Da ghigliottinare eventualmente ci sarebbe gran parte della classe dirigente e pure il concetto di stato così com'è ora concepito.Meglio piccole comunità autogestite a democrazia diretta a questo punto.

Giuseppe Gallo ha detto...

Cosa c'era di sbagliato nel lodo Alfano lo ha precisato la Consulta. Il cosiddetto processo breve mi sembra ancor peggio, perché evoca un problema reale (la durata eccessiva dei processi) ma evita di affrontarlo, proponendo di fatto una prescrizione anticipato. La conseguenza è disastrosa: leggi di questo genere sono un incentivo a non rispettare la legge.

Per quanto riguarda più in generale la politica "divenuta astrazione", be', sì, in un certo senso è così, e forse non può che essere così. La politica nasce per governare piccole comunità. Le realtà sovracomunali hanno richiesto il ricorso a altre procedure: anzitutto quelle dell'arte militare e dell'arte diplomatica.

Il federalismo mira appunto a restituire alla politica un territorio governabile. Ce la può fare? Boh.

johnny doe ha detto...

La consulta ha dato un parere costituzionale (ma molte ombre pesano su questa vicenda),ma io intendevo cosa c'era di sbagliato concettualmente in questa legge,il lodo Alfano? Non ho parlato del processo breve.Ma a questo punto,è inutile girarci intorno.Qui la legge non la rispetta nessuno,nè magistrati nè premier.E' evidente che ambedue forzano i loro ruoli,ma è pure evidente a tutti prmai che la magistratura fa politica come non mai e contro il premier.E' una guerra,dove appellarsi alla legge diventa ridicolo,dato che entrambi non la rispettano.Quindi è lecito ogni mezzo per vincer questa guerra.Sarà sbagliato,ma oggi le cose stanno così ed è inutile appellarsi alla costituzione che ambedue i ruoli hanno oltrepassato.

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