giovedì 21 febbraio 2008

Wozzeck: la disperazione di essere liberi

Al Capitano che gli rimprovera di non avere «moralità» perché ha «un bambino senza la benedizione della Chiesa», il soldato Franz Wozzeck risponde in questo modo: «Dev’essere una bella cosa la virtù, signor Capitano. Ma io sono un povero diavolo! Noi siamo infelici sia in questo che nell’altro mondo! Se andassimo in paradiso, saremmo costretti a dare una mano per far tuonare!»

Come noto, il Wozzeck di Alban Berg – uno dei capolavori della musica contemporanea, riproposto alla Scala in un’interpretazione che si segnala per la rigorosa direzione di Daniele Gatti e la superba regia di Jürgen Flimm – è un’opera dalla gestazione quanto mai tormentata, come l’incompiuto dramma teatrale di Georg Büchner a cui si ispira (intitolato in realtà Woyzeck). Ma è anche un’opera di estrema complessità filosofica.

La vicenda sembra avviarsi sugli schemi del dramma sociale ottocentesco: i versi riportati sottintendono che è necessario promuovere un certo grado di benessere economico perché l’uomo possa essere «una persona morale». Ma a correggere l’impressione iniziale interviene subito una tensione visionaria e addirittura allucinata, messa ben in risalto dalle scene di Erich Wonder.

(Susanna mi ha fatto notare le molte suggestioni artistiche che esse riecheggiano, in maniera più o meno voluta: la struttura centrale, color ruggine, ricorda certi lavori di Richard Serra le cui lastre in ferro, installate in piazze e vie, richiamano l’attenzione sull’oppressività dell’ambiente urbano; lo spazio retrostante fa tornare alla memoria l’occhio di Magritte che al suo interno ha il mondo o, meglio, il cielo, per cui ciò che è fuori è dentro e ciò che è dentro è fuori; e la scena in cui Maria si inginocchia con in mano una candela ricorda una delle Maddalene di Georges De La Tour).

«C’è stata un’apparizione in cielo, e tutto era di fuoco! Sto per scoprire molte cose!» dice Wozzeck, e pare la promessa di un ritrovato dialogo fra umanità e Cosmo. Invece, per ironia della sorte, quello che scoprirà è che la prima a dimostrarsi sprovvista di virtù è proprio la madre di suo figlio, l’ex prostituta Maria (il nome non è casuale), che lo tradisce con un Tamburmaggiore.

La violenza della passione che trasforma Wozzeck in un assassino e la violenza metafisica che ne fa, suo malgrado, un precursore del titanismo nichilista, si fondono nella follia del protagonista. Accecato dall’ansia catalogatoria propria del più fanatico scientismo, il Dottore ha la diagnosi pronta: «Wozzeck, lei ha una bella aberratio mentalis partialis.» Ma le origini della sua follia, in realtà, non sono psichiche, sono mistiche.

È la follia di chi ha alzato gli occhi al cielo per interrogarlo e, con angosciante stupore, lo ha trovato vuoto. La Provvidenza, invocata di continuo, rimane leopardianamente sorda in questo dramma: «Ora tutto è buio, buio», «Silenzio, tutto è silenzio.» Nessuna voce interviene biblicamente a fermare la mano del povero soldato mentre affonda il coltello nel collo della donna amata.

Il dialogo con il Cosmo è infranto definitivamente. Il Dottore può rallegrarsene, perché nella sua visione del mondo, la natura è solo «orribile superstizione» («Non ho dimostrato forse che il diaframma è sottoposto alla volontà?») e della superstizione occorre liberarsi perché affiori quella che ai suoi occhi è la verità: «L’uomo è libero!»

Ma, agli occhi di Büchner e di Berg, una libertà che smarrisce il senso del destino comune non fa che spezzare i rapporti sociali spalancando le porte alla volontà di potenza (i manipolatori esperimenti pseudopsichiatrici del Dottore) e alla disperazione («l’essere umano è un abisso, vengono le vertigini a guardarvi dentro»). Nessuna speranza è concepibile in questo crudissimo affresco. Lo conferma l’ultima, allucinata scena.

Quando un bambino gli comunicherà che sua madre è morta, il figlio di Maria continuerà a giocare a cavalluccio ripetendo monotamente: «Hopp, hopp! Hopp, hopp! Hopp, hopp!»


Wozzeck
di Alban Berg

Direttore Daniele Gatti ● Regia Jürgen Flimm ● Scene Erich Wonder ● Costumi Florence von Gerkan ● Coreografia Catharina Luhr

Personaggi e interpreti: Wozzeck Georg Nigl / Thomas Johannes Mayer ● Tamburmajor Endrik Wottrich ● Andres Marlin Miller ● Hauptmann Wolfgang Ablinger-Sperrhacke ● Doktor Markus Marquardt ● Der Narr Heinz Zednik ● Marie Evelyn Herlitzius ● Margret Ute Döring

1 commento:

Luciano Bove ha detto...

Ciao Giuseppe, é ovvio che il sondaggio che propongo non ha nessuna valenza scientifica. E' semplicemente un invito a coloro che passano dal mio blog a dare una preferenza (che non puo' essere ripetuta). Tutto qui! Pero' trovo interessante cio' che sta succedendo, al primo sondaggio tenuto fino a ieri e per 15 giorni hanno partecipato votando 1340 visitatori con il seguente risultato: PD 52%, PDL 38%, Bertinotti 7%, UDC 2%. Ora con questo secondo sondaggio sono curioso di vedere se le cose cambiano un po' o resta tutto uguale (soprattutto dopo l'annuncio dei programmi).

Ti ringrazio per la visita e a presto!

Luciano

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